Viaggio in Messico: decollare da un sepolcro Maya… fino alle stelle!
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I Maya a Palenque

Un viaggio in messico alla volta dello stato di Chiapas dove giace il sito archeologico di Palenque dove si trovano rovine databili dal 226 a.c. al 799 d.c., e quindi riferibili a buona parte di quell’epoca di massima fioritura della civiltà Maya nota come Periodo Classico.

Questo sito –tutelato dall’UNESCO– brilla in particolare per la spettacolarità di un contesto geografico ricco di dislivelli, per lo stato in cui sono conservate le sue strutture architettoniche, e per l’importanza strategica raggiunta da questa cittadella all’interno di tutta l’area messicana più o meno sommariamente identificata come “Impero Maya”.

Bisogna infatti considerare che questo popolo andò organizzandosi come un agglomerato di fiorenti città stato, ognuna con una precisa identità culturale.

E tuttavia gli studiosi parlano di “Impero Maya” perché si riescono comunque a scorgere in quest’area geografica degli elementi unificanti della civiltà, come discendenti da un medesimo ordine superiore.

In questo scenario, Palenque riuscì a costituire un punto di riferimento nei confronti delle città stato a lei più prossime e a stabilire infine una netta supremazia.sito archeologico di Palenque viaggio in messico

Nella zona centrale del sito sorge la sontuosa struttura del Palazzo, così chiamato per l’interconnessione e la continuità di corti e cortili, di edifici, di passaggi sotterranei.

Il complesso è ricco di sculture e bassorilievi in stucco di elevato pregio, ma l’elemento architettonico qui più eclatante è una maestosa torre in pietra su quattro piani, che potrebbe vagamente ricordare una pagoda orientale.

Un’altra notevole articolazione del sito è costituita dal Tempio della croce, dal Tempio del sole e dal Tempio della croce fogliata che compongono insieme il Gruppo delle croci.

Questo nome non è in qualche modo riferibile al cristianesimo, ma nasce qui dalla collocazione di singolari griglie in muratura alla sommità di ciascun tempio, in cui sono appunto i bracci di questi reticoli ad incrociarsi fra loro.

Questi templi sono sopraelevati su piramidi a gradoni, e tutto il complesso fu edificato per celebrare l’incoronazione del sovrano Chan Bahlum II; ma è il predecessore di costui che resta, però, la vera “star” del sito di Palenque:re Pakal il Grande.

Pakal ascese al trono nel 615 d.c. – all’età di 12 anni – e vi rimase fino alla sua morte nel 683, regnando così un totale di 68 anni. Si tratta quindi di uno dei sovrani più longevi di tutti i tempi, ed è stato senz’altro il più celebre dei re Maya.

Durante il suo regno, Pakal dovette affrontare tempi difficili, e va a lui il merito di aver risollevato le sorti politiche di Palenque ridimensionando le potenti e minacciose città-stato vicine.

I nuovi rapporti di forza derivanti dalle sue vittorie militari consentirono a Pakal di incamerare nuovi tributi con i quali fu possibile finanziare una vera e propria rinascita di Palenque.

Ciò che oggi resta a testimonianza dello splendore di questa città è riconducibile quasi interamente ai programmi edilizi varati durante il suo regno o furono comunque ispirati dall’era di splendore inaugurata da questo sovrano.

I secoli prima dell’anno mille furono anche quelli conclusivi del Periodo Classico della civiltà Maya.

Dopodiché le città-stato andarono progressivamente spopolandosi e i Maya si trasformarono in una società di tipo contadino disseminata ovunque dalla linea dell’Oceano Pacifico fino al termine della penisola dello Yucatan.

Le città-stato dei Maya furono quindi un po’ alla volta fagocitate dalla giungla, ed è in questo stato che furono trovate dai conquistatori spagnoli a partire dal 1500.

Le prime esplorazioni archeologiche più o meno professionali di questo sito, come anche di altri siti simili nell’area, risalgono al XVIII secolo; ma rimasero allo stato di ricognizioni, sopralluoghi, mappature e riproduzioni grafiche delle rovine che emergevano dalla foresta, fino a che un’attività di veri e propri scavi organizzati ebbe luogo a Palenque dal 1949 al 1952 per iniziativa dell’Istituto Nazionale di Storia e Antropologia (INAH) messicano che assegnò questo incarico all’archeologo franco-cubano-messicano Alberto RuzLhuillier.

A questa affascinante figura di studioso va il merito di aver compiuto una scoperta straordinaria, quando nel giugno del 1952 penetrò all’interno della piramide principale del sito, sulla cui sommità si erge l’edificio oggi noto come il Tempio delle Iscrizioni.

Fino a quell’epoca si credeva che le piramidi avessero il solo scopo di sopraelevare gli edifici sacri, ma Alberto Ruz scoprì alla base del tempio l’accesso a un condotto segreto che scendeva fino a una cripta custodita in fondo alla piramide.

Re Pakal e il mistero del suo sarcofago

Si trattava proprio della tomba di re Pakal, con dentro un enorme sarcofago decorato con bassorilievi; e contenente anche numerosi ornamenti funebri, raffinati e preziosi capolavori dell’arte orafa Maya.Il reperto più incredibile è proprio la lastra di marmo che ricopriva il sarcofago del re, adornata con un bassorilievo raffigurante 24 simboli; ma è la scena ritratta ad aver alimentato fin da subito le più fervide suggestioni.

Il re Pakal appare infatti come intento a manovrare delle leve o dei pedali con qualcosa attaccato al naso che poteva essere assimilato a un respiratore o ad una sorta di maschera ad ossigeno all’interno di un congegno che riusciva a dare complessivamente l’idea di un mezzo volante: una specie di navicella con propulsione a razzo, dato che nella parte bassa sembravano essere raffigurate anche delle fiamme in uscita dalla struttura.

Furono queste le teorie che rapidamente divamparono negli anni ’50, soprattutto per merito di due scrittori specializzati in saggistica riguardante la controversa materia dell’archeologia misteriosa e la cosiddetta “teoria degli antichi astronauti”: lo svizzero Erich von Däniken e l’italiano Peter Kolosimo.

Era l’inizio di un vero e proprio filone specialistico di ufologia – noto come paleoastronautica – costruito intorno all’idea centrale che ipotizza la visita di civiltà aliene sul nostro pianeta in tempi remotissimi, con evidenti tracce coerenti presenti in raffigurazioni artistiche e manufatti rinvenibili in seno a molteplici civiltà terrestri, dall’antico Egitto alla Mesopotamia, all’India e fino alle civiltà precolombiane mesoamericane.

Gli esponenti dell’archeologia più ortodossa non dovevano tuttavia tardare nell’offrire una reazione a simili teorie rapidamente stigmatizzate come pseudoscientifiche.

Un congresso di studiosi tenutosi nel 1974 arrivò ad interpretare in chiave rigorosamente simbolica la scena sulla lastra del sarcofago di re Pakal, ormai già abbondantemente divulgata con l’epiteto “l’Astronauta di Palenque”.

L’intera scena veniva invece a ricevere, in quel consesso, un’interpretazione artistico-metaforica del tema della rinascita spirituale dopo la morte. Si ritenne, cioè, che sul bassorilievo fossero presenti niente altro che schemi e simbologie funerarie dell’arte Maya.

Ed è così che la parte posteriore della “navicella” in cui è collocato il “re astronauta” corrisponderebbe in realtà alle Fauci dell’oltretomba, alle quali il sovrano si sottrae in direzione dell’Albero della vita per una rinascita di vinificata.

Sarebbero, d’altra parte, presenti anche altri simboli frequentemente ricorrenti in altri siti archeologici Maya, come il Serpente a due teste Itzamnà e l’Uccello sacro Quetzal.

A questa ricostruzione, ottenuta applicando i metodi di indagine propri dell’archeologia accademica, si aggiunse anche il rinvenimento integrale dell’albero genealogico del re Pakal, composto da ben sette antenati (fra cui tre donne) tutti identificati a supporto della natura umana e non aliena del sovrano.

Ma, anche senza assecondare a tutti i costi sensibilità ufologiche e teorie paleo astronautiche, la ricostruzione ortodossa non sembra aver fugato in via definitiva ogni tipo di interrogativo su questo argomento. L’evidente dispositivo di respirazione collocato, nella scena del bassorilievo, sul naso del re Pakal continua a non trovare una spiegazione del tutto soddisfacente.

E poi, quale sarebbe stata la ragione per costruire un sarcofago di sette tonnellate capace di contenere un essere umano che avrebbe potuto raggiungere un’altezza di due metri e mezzo? La ricostruzione del cranio di re Pakal dimostra inoltre che quei resti non sono associabili a un tipico cranio di etnia Maya.

Tenendo inoltre fede allo stesso metodo ortodosso di comparazione con altre testimonianze artistico-culturali di questa civiltà, tutto un insieme di miti e di rituali del culto segreto Maya (praticati ancora oggi da comunità pagane disseminate sul territorio messicano) farebbe chiare allusioni a “figli delle stelle” e a civiltà extraterrestri; la qual cosa sarebbe anche in linea con tutto un patrimonio sapienziale che scava con insistenza in discipline come la matematica, l’astronomia, la cosmologia; e non trascurando l’ossessione dei Maya per il trascorrere del tempo e per la costruzione dei calendari.

Nel 2011 il realizzatore di modelli Paul Francis ha sviluppato una copia in 3D della lastra del sarcofago del re Pakal, e i risultati sono apparsi impressionanti: tutta la suggestione di una figura umana intenta a manovrare congegni all’interno di una capsula spaziale è riemersa prepotentemente grazie all’esplosione tridimensionale dei dettagli impressi sul bassorilievo.

Appena fuori Palenque, si trova una piccola area museale in cui sono disponibili diverse copie di buona fattura da ammirare, ma molti dei monili, maschere funebri e statue ritrovati nel sepolcro – come i resti dello scheletro di Pakal, la maschera di giada che ne ricopriva il volto e la stessa copertura del sarcofago – si trovano oggi nel Museo nazionale di antropologia di Città del Messico

Boutique Hotel Quinta Chanabnal

Vicinissimo al sito di Palenque, il Boutique Hotel Quinta Chanabnal offre un alloggio capace di restituire la piena sensazione di trovarsi ancora immersi in un contesto palaziale Maya; ma questa volta come membri a pieno titolo della famiglia reale.

Pur garantendo il massimo livello di comfort e tutta l’offerta di servizi richiesti da un’ospite esigente in tempi moderni, fortissima è la sensazione di sprofondamento in un passato arcaico in cui i gesti rallentano mentre gli sguardi si posano su arredi, decorazioni, tessuti e drappeggi che mettono a tacere ogni ansia del presente in nome del benessere e del piacere di dimorare.

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Molto raffinata si presenta l’offerta relax e benessere, mentre la cucina è un diluvio di aromi, spezie, salse e colori dentro una ricerca gastronomica messicana che compie anche uno sforzo di recupero filologico di alcune tradizionali ricette Maya.